Per l’acquisizione delle immagini le fotocamere digitali fanno affidamento ad un sensore collocato al loro interno.

Esistono differenti tipi di sensori, ma in ogni caso possono essere tutti considerati come uno strato composto da elementi fotosensibili capace di registrare la quantità di luce che lo ha colpito in ogni posizione.

Queste “posizioni” fotosensibili nel sensore sono sistemate a forma di griglia e sono chiamate elementi fotosensibili o fotositi e ognuno di essi rappresenterà un pixel nella nostra immagine finale (Fig. 1).

Un fotosito è composto da un fotodiodo che ha il compito di convertire la luce catturata in un segnale elettrico che verrà successivamente elaborato dal processore della fotocamera per produrre l’immagine finale.

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Fig. 1 Vista frontale e laterale del sensore di una fotocamera digitale. I singoli fotodiodi sono rappresentati in grigio chiaro.

Senza appositi filtri per il colore, un sensore sarebbe in grado di generare esclusivamente immagini in scala di grigi dicendoci quanto è intensa la luce che colpisce determinato fotosito senza però aver modo di stabilire quale percentuale della luce sia rossa, verde o blu.

Per la rilevazione del colore, il sensore risulta accoppiato ad un sistema di filtri capaci di impedire a determinati tipi di luce di raggiungere il certi elementi fotosensibili.

Un filtro rosso, ad esempio, impedisce il passaggio della luce blu e verde ma permette il passaggio della luce rossa e la quantità di luce che raggiunge il fotosito viene registrata dal sensore come luminosità per quel colore (rosso in questo caso).

Questi filtri sono disposti su tutta la superficie del sensore secondo un ordine ben definito.

Ogni elemento fotosensibile sarà caratterizzato quindi da un filtro rosso oppure verde o blu e, in base alla quantità di luce capace di attraversare questi filtri, la fotocamera potrà calcolare il colore dell’intera immagine. Cerchiamo di capire come…

Il numero totale di elementi fotosensibili è quindi diviso, in base al filtro che li precede, in fotositi rossi, blu o verdi secondo una disposizione che è decisa dal produttore del sensore.

Il filtro Bayer è il più comune ed è caratterizzato da un rapporto tra elementi fotosensibili del tipo Verde 50%, Blu 25% e Rosso 25%. Bayer decise di usare un maggior numero di elementi sensibili al verde per mimare la fisiologia dell’occhio umano.

Nello schema Bayer, in ogni gruppo di 4 elementi fotosensibili troveremo due elementi verdi, uno rosso e uno blu.

Lo schema Bayer prevede inoltre che nelle otto cellule adiacenti ad ogni fotosito, ve ne siano almeno due di ciascuno degli altri colori.

Questo schema rende possibile stimare il valore della luminosità, ad esempio, del rosso in corrispondenza di un elemento con filtro verde o blu, deducendolo dagli elementi rossi circostanti.

Per un fotodiodo che si trova in una certa posizione capace di leggere solo la luminosità della luce blu si può assumere che la quantità di luce rossa (o verde) che lo ha colpito sia simile a quella che ha colpito i fotodiodi rossi o verdi che lo circondano.

In questo modo si può stimare la luminosità dei due colori mancanti di ogni fotosito sulla base della luminosità registrata dai fotositi adiacenti per quel colore.

Il processo di interpolazione dei due colori mancanti in ogni fotosito è detto di demosaicizzazione.

L’intera matrice del sensore è quindi un mosaico in cui ogni tassello è verde, rosso o blu, ma al termine del processo di demosaicizzazione ad ogni tassello sarà associato un valore di luminosità sia per il verde che per il rosso rosso e il blu.

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Fig. 2 Rappresentazione schematica del filtro Bayer applicato sulla superficie del sensore. In base al tipo di filtro che lo precede ogni fotosito sarà in grado di ricevere solo luce rossa, verde o blu della quale potrà misurarne l’intensità. In questa fase l’informazione luminosa viene convertita in un segnale digitale che sarà convertito dal processore della fotocamera nell’immagine finale. Durante il processo di demosaicizzazione ad ogni fotosito vengono associati i valori di luminosità per i colori mancanti a partire dai valori di luminosità registrati dai fotodiodi circostanti per quel colore.

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